1936 dicembre - 1937 gennaio, Pisa, VII Mostra Provinciale
Premessa
La VII Mostra d’Arte conferma una prassi ormai consolidata con la riproposizione di un Regolamento (si veda alla fine del testo), analogamente viene confermata la volontà di avere una Commissione Giudicatrice sempre nell’intento di migliorare la qualità a scapito della quantità e sempre con la presenza di un rappresentante del Sindacato Interprovinciale Belle Arti a dimostrazione dell’impegno con cui – a livello toscana - si segue la mostra pisana. La Commissione infatti elenca puntigliosamente il numero delle opere esaminate, di quelle ammesse e di quelle scartate arrivando infine ad un gruppo di 28 artisti tutti della provincia pisana. Nella mostra una attenzione particolare viene tributata a 4 artisti: Ferruccio Pizzanelli, Giuseppe Viviani, Ferruccio Ferri e Renzo Lupo.
Al primo viene dedicato uno spazio che arriva a comprendere 13 dipinti e nel catalogo vengono aggiunti due testi: uno del critico Clement Morro, pubblicato sulla rivista “La Revue Moderne” e l’altro di Raffaello Franchi scritto in occasione di una mostra del Pizzanelli. Purtroppo non sappiamo la data di pubblicazione della rivista né la mostra a cui fa riferimento Raffaello Franchi. Di Giuseppe Viviani sono esposti 14 dipinti ed 8 incisioni: praticamente una mostra personale. A questo si aggiunge – nel catalogo – un testo del critico Aniceto del Massa che ben tratteggia il carattere “solitario” di Viviani.
Ferruccio Ferri è presente con un gruppo consistente di opere: ben 12 dipinti mentre nel caso di Renzo Lupo vengono proposti 11 dipinti e 14 disegni.
Sempre nel catalogo si riportano le date delle precedenti esposizioni (si veda alla dine del testo ndr)
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VII Mostra d’Arte
PISA, Dicembre 1936
Commissione Giudicatrice:
Giannino Marchig
Segretario del Sindacato Interprovinciale Belle Arti
Augusto Gardelli
Italo Griselli
Commissione Ordinatrice
Pittore Ferruccio Pizzanelli, Fiduciario del Sindacato Belle Arti.
Pittore Gino Bonfanti, Segretario
Pittore Renzo Lupo
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PREFAZIONE
Questa è ormai la settima delle Mostre organizzate dal Sindacato Pisano Belle Arti: e se anche sia già lecito ravvisare, attraverso la continuità periodica di tali manifestazioni, i primi frutti di una disciplina operosa, sì che l’iniziativa opportuna e sagace di un giorno vediamo oggi trasformata e nobilitata secondo lo spirito di una tradizione che non ammette attenuanti, esitazioni o compromessi di sorta, tuttavia ci parrebbe prematuro, o almeno immodesto, sostare per convincere il pubblico e noi del cammino percorso, a rimirare con compiacimento il già fatto, quando la nostra coscienza ci stimola piuttosto a provvedere a quello che ancora non è stato fatto o raggiunto.
Perché una Mostra Sindacale non deve essere solamente una disinteressata ed obbiettiva rassegna di quanto è stato creato di meglio entro un determinato periodo di tempo negli studi e nei laboratori appartenenti ad una medesima circoscrizione territoriale; non deve diventare un appuntamento pubblico, rivestito di una certa solennità, fra persone che più o meno finiscono per vedersi tutti i giorni, vale a dire fra gli artisti e gli appassionati e i critici d’Arte. Esulano da essa anche quei presupposti e quei motivi che possono spingere un artista ad esibirsi in una «personale»: una Mostra di Sindacato ha infatti dei compiti pratici che richiedono un’esperienza determinata e l’esercizio di una politica che si adegui in tutto alla estrema dignità e delicatezza del tema ed ai rapporti che da questo possono, anzi debbono, formarsi nei riguardi del pubblico.
La garanzia con cui un certo numero di opere d’Arte viene ordinato in una sala d’esposizione non sorte infatti gli stessi effetti di quella con cui i bovi vengon prescelti per essere mandati alla fiera: e d’altra parte non sarebbe concepibile né onesto neppure ai fini di una fedele documentazione il criterio di secondare il gusto del pubblico, pur che si riesca ad ammettere e a determinare l’esistenza di questo «gusto» con la fortunata disinvoltura con cui sogliono ad esempio accampare le loro ragioni certe case cinematografiche americane.
Una Mostra Sindacale, rappresentando la forma più rudimentale e necessaria del famoso ravvicinamento fra l’Arte e la vita pratica, potrà essere fruttifera solo in quanto il pubblico si convincerà che essa non è stata organizzata a solo vantaggio e beneficio degli espositori; quando il potere altamente educatore dell’Arte, rivelandosi a traverso una concorde serietà di opere e di intenti, avrà creato una zona di cordialità e di comprensione se non del tutto ortodossa, almeno umanamente affettiva e solidale, in cui pubblico ed artisti possano finalmente incontrarsi.
Ma per ottenere questo, quante fatiche, quanti anni di sforzo tenace e di ostinata opera di persuasione occorrono! E non ci nascondiamo che, per quanto dall’epoca della prima Mostra Sindacale ad oggi molte cose siano cambiate, la mèta che ci siamo proposti di raggiungere è ancora molto lontana.
Intanto lo scorcio, di questo primo Anno dell’Impero ci trova uniti nel nome della stessa Fede con cui cercammo per la prima volta di smuovere l’impigrito interesse dei pisani nei riguardi delle Arti figurative e ci conforta in tale assunto la coscienza e la volontà di obbedire a un comandamento che anche durante le recenti giornate milanesi il Duce ha voluto ripetere con particolare insistenza e calore.
Quello che abbiano fatto i nostri artisti pisani non spetta a noi dirlo; ci preme solo di affermare come, per generale elevatezza di tono, serietà di propositi, intima sanità spirituale, questa Mostra ci appaia la logica conseguenza di quelle che l’hanno preceduta, delle esperienze che in quelle si sono maturate, e in definitiva di tutto un passato breve ma intenso, che ha già una sua storia, una sua nobiltà ed anche ormai i suoi affetti e le sue memorie.
E tra queste ultime, nell’atto di concludere queste brevi righe di introduzione, non dobbiamo tacere la più bruciante: quella che ci fa oggi volgere penosamente gli occhi d’intorno a cercare qualcuno che non c’è più, e che prima soleva essere l’anima di ogni nostra iniziativa.
Lorenzo Viani, l’Artista grande e l’Uomo buonissimo, l’Amico impareggiabile e il Maestro di tanti giovani innamorati dell’Arte presenzi ancora in ispirito a questa manifestazione che gli fu cara: Egli non mancò mai, e tutti ricordano come il discorso d’apertura alla prima delle nostre Mostre fosse pronunziato da Lui, e la prefazione al catalogo dell’ultima portasse la Sua firma. Ora che un destino crudele ce lo ha strappato, valga la nostra riconoscenza a farLo rivivere come un tempo entro queste sale.
e.c.
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Verbale della Commissione di Accettazione delle Opere per la VII Mostra
All’On.le Segreteria Interprovinciale
del Sindacato «Belle Arti» della Toscana
Firenze
La Commissione per l’accettazione delle opere presentate alla VIIª Mostra Sindacale Pisana designata dall’assemblea degli espositori tenutasi la sera del giorno 3 Dicembre 1936 e composta dai Sigg.:
Prof. GIANNINO MARCHIG, Pittore
Prof. AUGUSTO GARDELLI, Pittore
Prof. ITALO GRISELLI, Scultore
si è riunita il giorno 7 Dicembre 1936 nelle sale del R. Teatro Verdi, sede dell’esposizione, per procedere alla scelta delle opere da figurare nella mostra.
Sono state prese in esame n. 80 pitture, n. 10 sculture e n. 19 opere in bianco e nero.
Dopo un attento e scrupoloso vaglio, pur tenuto conto di ogni seria ricerca partente dai più giovani, la commissione ha deciso all’unanimità di accettare n. 62 opere di pittura, n. 9 sculture e n. 13 disegni con uno scarto del 20%.
Nel rimettere il presente verbale all’On.le Segreteria Interprovinciale di Firenze la commissione si compiace per il livello alto e promettente raggiunto nell’odierna rassegna del Sindacato Belle Arti di Pisa.
Pisa, 7 Dicembre 1936
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ELENCO DEGLI ESPOSITORI
1 – BALDASSARI LIVIO
2 – BONFANTI GINO
3 – CANIAUX GIOVANNI
4 – CAZZOLA ARAMIS
5 – CIGHERI PRIAMO
6 – CONSORTINI RAFFAELLO
7 – DELLA SBARBA IDA
8 – FAGIOLINI GIOTTO
9 – FERRI FERRUCCIO
10 – GENTILINI NELLO
11 - GRISELLI ITALO
12 – KÜFFERLE PIETRO
13 – LUPO RENZO
14 – NOVI JOLANDA
15 – PAGNI RENZO
16 – PIEROTTI UGO
17 – PIZZANELLI FERRUCCIO
18 – PIZZARELLO SALVATORE
19 – PULCINELLI SILVANO
20 – ROSSI CURZIO
21 – RUGGERI GINO
22 – SATTI FERRUCCIO
23 – SEMENTA EUGENIO
24 – SEVERINI FEDERIGO
25 – TAMBURINI MARIO
26 – TEALDI ASCANIO
27 – VIVIANI GIUSEPPE
28 – VOLPI ALESSANDRO
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Atrio di ingresso
Pagni Renzo
Autunno (Molina di Quosa)
Mietitrici
Fagiolini Giotto
Bagnante – nudo – (scultura)
Gentilini Nello
Paese
Monti Pisani
Sementa Eugenio
Vapore «Jamaica»
Rossi Curzio
Paese Toscano
Novi Jolanda
Bottega di Nazaret
Dello Sbarba Ida
Ritratto
Colline Pisane
Natura morta
Tamburini Mario
Intervento di stalla
Breve sosta
Pulcinelli Silvano
Testa di bimba (scultura)
Pierotti Ugo
Natura morta
Baracconi
Fosso di S.Giuliano
Griselli Italo
Giovane Fascista (scultura)
Kufferle Pietro
Pietà (scultura)
Disegni
Cigheri Piramo
Fiori
»
Gentilini Nello
Paese
Cittadella
Paese
Arsenale
Pulcinelli Silvano
Ritratto virile
Nudo
Cazzola Aramis
Cavallo
Paese
Paese
Donna seduta
Salone
Volpi Alessandro
Bozzetto
Fosso dei Navicelli
L’Attesa
La raccolta della canapa
Contadini
Ragazzo
Bozzetto (composizione)
Caniaux Giovanni
da Freghino
La Madre
Monti Pisani
Cave a Metato
Paese Francese
Monti Pisani
Paese francese
Baldassarri Livio
Paese
»
»
Bonfanti Gino
Lungo l’Arno
S. Jacopo alle Piagge
Piazza S. Silvestro
Cazzola Aramis
Ritratto
Natura Morta
»
Tealdi Ascanio
Natura morta
L’Airone
Ponte alla Fortezza
Pineta
Pian di Pisa
Natura morta
Pizzarello Salvatore
Paese
Ritratto
Natura Morta.
Paese
»
Cigheri Piramo
Piazza dei Cavalieri
Natura Morta
» »
» »
Veduta di case a Pisa
Rossi Curzio
Paese Toscano
Griselli Italo
Apollo
Ritratto
Figura in bronzo
Ritratto
»
Kufferle Pietro
Il regno di Dio è vicino (marmo)
Sala n. 1
Ferri Ferruccio
Vitelli
Bambine
Ottobre
Ragazzo che legge
Giovane rurale
Martina
Paese (Fauglia).
Voglio andare in cima ai monti
Sole in ottobre
Paese
Cacciatore di allodole
Paese con la neve
Severini Federigo
All’ombra verde
Marina di Pisa (Spiaggia)
Vecchi castagni a Corfino
Riposo in montagna
L’ovile
Sala n. 2
Pizzanelli Ferruccio
Natura Morta (uva)
Mare
Ritratto
Ponte della Figuretta
Case di Montemagno
Calambrone
Natura Morta (pesci)
Colius e frutti
Camminare, costruire, combattere, vincere!
Agave e Colius
Meriggio d’agosto
Ritratto
Paese sull’Arno
Un critico francese, M. Clément Morro, ha scritto sulle opere di questo Artista il lusinghiero articolo che trascriviamo.
«La Revue Moderne»
Les œuvres de Ferruccio Pizzanelli font penser à un Cézanne moins rougueux, plus maître de ses nerfs, mieux équilibré en un mot.
Même volonté d’interprétation synthétique de la nature, même recherche des volumes, nettement écrits, mais un goût plus affiné dans l’ordonnance des motifs et moins d’emballement dans l’exécution. En somme, un art moins instinctif, mais plus savant, éminemment plastique, fait pour la joie des yeux et qui révèle un tempérament artistique à la fois très personnel et d’une haute valeur.
J’ai vu récemment de ce peintre, à la Quadriennale du Turin, une Nature Morte, qui est en vérité un morceau dei peinture dont j’ai vivement apprécié la forte et originale saveur.
Mais Ferruccio Pizzanelli n’est pas qu’un peintre de natures mortes et il a abordé avec succès les genres les plus différents; des fleurs, des portraits, des paysages nous prouvent la diversité de son talent. Cependant, on retrouve, dans toutes ses œuvres, à quelques genre qu’elles appartiennent, cette même simplicité de vision, ce même souci d’atteindre à un maximum d’expression avec un minimum de moyens. Doué d’une esquise sensibilité de coloriste, Ferruccio Pizzanelli vise plus cependant à la valeur juste qu’à la nuance exacte. C’est, en outre, un constructeur puissant et ses œuvres ont en quelque sorte une structure architecturale qui leur assure une vie durable.
D’ailleurs, Ferruccio Pizzanelli jouit dans son pays d’une notoriété bien justifiée. Il obtint notamment un premier prix à l’Exposition Internationale de Milan et une médaille d’or. Un premier prix lui fut également décerné à une exposition à Buenos-Aires. Il participe depuis longtemps aux principales manifestations artistiques en Italie, où ses œuvres obtiennent toujours le plus vif succès et lui ont valu, à différentes reprises, les commentaires élogieux de la presse régionale.
Clément Morro
Il critico Raffaello Franchi in una prefazione ad un catalogo di opere esposte dal Pittore F. Pizzanelli scrisse:
“Di tutti i pittori francesi dell’ottocento il solo Corot dei paesaggi italiani e romani può vantarsi di aver presagito quel nuovo classicismo italiano che avrebbe avuto a fondamento la pittura di paesaggio. E amo credere che le intenzioni e il valore dei nuovi pittori italiani di paese, veri primitivi di un nuovo classicismo, diverrebbero meglio palesi a chiunque se, così come la pittura di un assieme di oggetti vien genericamente chiamata «natura morta», genericamente si chiamassero «respiro naturale» le pitture di certi paesi cercati nella caratterizzante della loro luce non effimera ma eterna.
Ferruccio Pizzanelli appartiene al numero di questi primitivi e, nonostante la modestia dell’arte sua, è tra quelli che meglio sanno amare e caratterizzare le cose tra cui vivono.
Il pian di Pisa, che al modo di tutti i luoghi pianeggianti ha lontani e astrattivi orizzonti, porta illusivamente a ridosso di chi guarda ogni visibile piano volumetrico, realizzando al di là, in un soffio, il senso quasi più fantastico che reale della distanza, trova in lui un interprete di consapevole e poeticissima intenzione, cosicché, per lui, la ricerca del semplice, dello schematico, non è cosa che tenda a eludere una difficile ricchezza di rendimento pittorico, ma il frutto di un travaglio inteso alla più fedele e sostanziosa interpretazione.
Questo per i paesi. Nei ritratti è da ammirare la personale sobrietà della tavolozza che nel gioco di pochi toni riesce a dar cose tutt’altro che sorde e il modo con cui l’artista sa ridurre a equilibrio e concretezza di stile talune emozioni di carattere eroico e romantico che la figura gli dà; facoltà d’equilibrio capaci di trionfar in effetti di bellezza piena nelle nature morte ma che son anche visibili nei bozzetti compositivi de La Cena d’Emmaus e del Cristo arrestato dove, nonostante qualche riconoscibile influsso della ottocentesca scuola lombarda, la rattenutezza dei movimenti e lo scrupolo di riassumere il senso in una figura anelito di pitture, conducono a pregevoli e singolari risultati.
Con la mostra odierna, anche un po’ troppo varia rispetto alla relativa esiguità numerica dei pezzi esposti, Pizzanelli si raccomanda alla più oculata attenzione dei veri intenditori dell’arte e da essi aspetta quel plauso che, legittimamente, a un patto di attenzione, egli sa non potergli mancare.
Raffaello Franchi
Bonfanti Gino
Battistero
Piazza dello Vettovaglie (28 Ottobre)
Consortini Raffaello
Busto virile (scultura in pietra)
Sala n.3
Lupo Renzo
dipinti
Ritratto di ragazza
Natura morta
Figura di contadino
Natura morta
Ragazza in rosso
Ritratto del Pittore Romano
Natura morta all’aperto
Autoritratto
Ragazzo
» con canestro
Bambina all’aperto
Disegni
Donna seduta
Testa di contadino
Ragazzo dormiente
Ritratto
Studio di composizione
Bambino
Donna e bambino
Bambina in piedi
Uomo seduto
Ragazza
Ragazza seduta
La passeggiata
Fontana a Rodi
Strada di Rodi
Consortini Raffaello
Contadina volterrana (scultura in legno)
Sala n.4
Viviani Giuseppe
dipinti
Natura morta con Battistero
Il Gelataio
Robe di campagna
Il pastore (Caprona)
» ( id. )
Carabiniere
Carabiniere
Natura morta con campanile
Composizione
Il cattolico
Uomini sulla diga
Bocca d’Arno
Natura morta (composizione)
»
incisioni
Fichi (punta secca)
Natura morta a Bocca d’Arno (punta secca)
Natura morta sulla terrazza (acquaforte)
Bocca d’Arno ( id. )
Ragazze del navicello (punta secca)
L’emigrante ( id. )
Robe di campagna
Testa di bimbo
Ruggeri Gino
Giovane Italiana (scultura)
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I solitari si riconoscono al timbro; i solitari, ho detto, non i misantropi o i pessimisti; v’è una qualità di solitudine che non va confusa con quel ribellismo anarcoide tutto apparenza e niente sostanza nel quale si sfaceva prima della guerra l’ultimo cosiddetto romanticismo artistico di poco succeduto alla bohème; codesta qualità di solitudine la possono accettare come disciplina solo gli spiriti coscienti di quella che è la vera missione dell’arte; missione che esige, anzitutto, rinuncia e rinuncia a tutto che può essere non in armonia, ai fini, alle responsabilità che l’arte impone.
Arte è un regno ove lo spirito può conquistarsi la propria libertà solo al patto che codesta libertà sia capace della più vasta comprensione; libertà, naturalmente, condizionata e prima di tutto dalla propria disciplina interiore, poiché senza disciplina, senza conoscenza dei propri limiti, delle forze che ci sono soggette e di quelle che ci sovrastano, il concetto di libertà devia in quello di confusione.
Poeticamente, secondo una perfezione poetica intensa delle proprie energie, libertà altro non è che affinamento, insieme ai nostri organi registratori, dei mezzi espressivi che ad essi corrispondono.
Fino dalla sua prima incisione che mi capitò sotto gli occhi mi accorsi che Giuseppe Viviani doveva essere un solitario, non per disdegnosa misantropia né per snobistica posa, ma per autentica inclinazione. Solitario come quelli che vogliono riconoscersi, esaminarsi, provare le proprie forze, e, insieme, riconoscere, esaminare, attraverso di sé, il mondo circostante.
Ciò che mi confermava in codesta impressione oltre al sentimento della solitudine che si rifletteva nell’opera era, per quanto non pienamente realizzata, l’atmosfera in cui i segni si muovevano. La atmosfera è in un’opera d’arte ciò che di più conta; è l’indice di un ordine ritrovato, saldamente connesso, in cui le cose vanno al loro giusto posto. E in codesto ordine consiste l’originalità dell’opera d’arte. Questa parola è stata molto adoprata, ed è frustra e logora; si è voluto in generale intendere per originalità qualche cosa di apparentemente nuovo, di mai prima compiuto e il termine ha servito a tutte le pseudo novazioni avanguardiere; qui intendiamo per originalità l’accordo interiore fra soggetto e oggetto.
Riconosciuto il timbro, la vocazione di Giuseppe Viviani da quel lontano 1927, ogni volta che l’occasione mi poneva innanzi un dipinto o un’incisione di lui m’interessava notare come il suo accento si definisse sempre meglio.
Il suo orientamento era schiettamente moderno e come spesso accade, in lui affioravano strane coincidenze; strane ma fatali quando si accettano nella vita come nell’arte, con sincerità ed interiore valutazione, principi cui si può restar fedeli. Giuseppe Viviani ha saputo mantener fedeltà al suo istinto, mai assoggettandosi a dipendenze che avrebbero potuto compromettere il suo avvio inizialmente ben diretto.
La modernità del Viviani non consiste, dunque, in trovate più o meno intelligenti, in abili e varie manipolazioni di ricette tra le più correnti e fortunate, in manierismi e simili; non è modernità, insomma, di cucina pittorica.
È modernità sofferta e conquistata. Non ancora quarantenne, per la sua vita tormentata e contrariata può considerarsi maturo e maturo bene; ma in arte non conta lo stato civile; è soltanto dal 1927 che egli si è affacciato al mondo dell’arte, ufficialmente s’intende, e si mette in linea quindi tra i giovani poiché giovane è il suo fervore, giovanissima la sua ansia di superare e di accostarsi a quel traguardo che l’artista mai pensa di poter definitivamente raggiungere ma che il Viviani in molte opere ha già raggiunto.
Autodidatta ha saputo chiedere ai migliori del suo tempo la lezione che inutilmente altri tenta di apprendere nelle Accademie. L’autodidatta ha un senso di responsabilità maggiore ed il suo impegno anche è maggiore; se Viviani ha guardato preferibilmente ad artisti che più si confacevano al suo temperamento si è guardato bene dal riprenderne i modi, dall’imitarne il tessuto esteriore. La loro lezione gli ha servito sopratutto a dispogliarlo di tutto il superfluo, di tutto l’inutile e il dannoso, che in generale si attacca a chi si avvia per il sentiero difficile della pittura; alla strada maestra ha preferito i sentieri scoscesi che affannano nella salita ma provano i polmoni ed il cuore, e irrobustiscono l’organismo; nella solitudine i suoi mezzi si sono affinati e tutta la sua opera palesa codesta fatica assidua nel perfezionare l’espressione. In mostre sindacali, nella prima intersindacale fiorentina, in mostre alla Galleria “Pesaro” “Milano”, alle Biennale Veneziane, Giuseppe Viviani si è presentato con opere sia di pittura sia di incisione testimonianti un temperamento autentico. È in relazione a codesta autenticità che non molti si sono accorti di Lui. Ciò che del resto non è male.
La sua pittura bisogna un po’ guardarla, scoprirla; l’occhio distratto dalla consueta gastronomia pittorica di facile appagamento non ci può trovare nulla di piacevole. Ma chi sa guardare si accorge subito che nel tessuto come nel colore vi è un’insolita vibrazione, che nel taglio medesimo il pittore sa elevarsi dal comune; nessuna traccia di concessione al gusto deviato dei più, ma solido collegamento con quelle correnti di pittura che al piacevole apparente prepongono la sostanziale vitalità intima; tessuto cromatico sobrio, non infirmato da sfarzose braverie e nel contrasto stesso degli accenti, armoniosità di ritmi non fondata su mezzi effettistici. Le sue incisioni si pongono fra la migliore produzione grafica italiana di questi tempi per la chiarezza tecnica e la fantasia inventiva.
La sua personalità e ben definita, riconoscibilissima; ora, nelle sue opere più recenti, il Viviani dimostra di aver bruciate varie tappe e già su alcune del ’30 e del ’33 il conquistato in profondità si rivela subito; così nell’articolazione come nell’intima tessitura: il colore si è fatto più essenziale in funzione anche al movimento, il segno più libero e ricco.
Moderno nel senso sano della parola non si accoda alla scuola o alla moda di questo o di quello; la sua poesia è sorta nella solitudine, ma in una solitudine popolatissima di buoni ritmi che riconosci nella purezza dell’assimilazione, nella originalità del nuovo rapporto. Spazi ed atmosfere, ritmo e misura nei dipinti e nelle incisioni, confermano la buona razza di questo pisano che si è aperta una strada nell’arte nostra, ancora una volta testimoniando che modernità e tradizione quando autentiche, sempre s’incontrano nel piano della creazione.
A. Del Massa
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MOSTRE ORGANIZZATE DAL SINDACATO BELLE ARTI DI PISA
1 – Mostra d’Arte – Nelle sale del Consiglio Provinciale dell’Economia – Via Vittorio Emanuele –
Pisa 1930 VIII.
2 - Mostra d’Arte – Nelle sale del Palazzotto dei Nobili Piazza Garibaldi – Aprile 1931 IX.
3 - Mostra d’Arte – Nelle sale dell’Antico Palazzo Pretorio ex Prefettura – Aprile 1932 X
4 - Mostra d’Arte – Nelle sale del «Palazzo alla Giornata» . Primavera 1933 XI.
5 - Mostra d’Arte – Nelle sale del «R. Teatro Verdi» – Dicembre 1934 XIII.
6 - Mostra d’Arte – Nelle sale del «R. Teatro Verdi» – Giugno 1935 XIII.
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Regolamento
Art. 1
La Sezione Provinciale di Pisa dipendente dal Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti con sede in Firenze bandisce la VIIª Mostra Provinciale. Essa avrà luogo in Pisa nella Sede del R. Teatro Verdi g.c. .
Art. 2
La Mostra si aprirà il 13 Dicembre e si chiuderà il 31 Dicembre 1936. Si basa sul criterio di accogliere, con la massima obbiettività, ogni tendenza o scuola. Alla Mostra potranno prendere parte solo gli artisti inscritti al Sindacato Provinciale di Pisa che siano in regola con il pagamento delle tessere e dei contributi sindacali obbligatori. Si fa eccezione per coloro che partecipano per la prima volta ad una mostra sindacale.
Art. 3
La Mostra è organizzata e diretta da un Comitato composto di tre Membri dei quali uno sarà il Fiduciario – Presidente – e due saranno scelti dal Fiduciario della Sezione fra gli inscritti alla Sezione stessa con l’approvazione del Direttorio del superiore Sindacato Interprovinciale con Sede in Firenze.
Art. 4
Alla Mostra potranno concorrere tutti gli artisti appartenenti alla giurisdizione della Sezione Provinciale di Pisa con opere di pittura, scultura, bianco e nero ed arte decorativa e che non siano state mai esposte nelle città sede della Mostra.
Art. 5
La scelta delle opere è deferita ad una giuria di tre membri nominati dal Fiduciario su una lista di sei nomi designati dagli espositori tra gli inscritti al Sindacato Interprovinciale, dopo la presentazione delle opere.
Art. 6
Ogni artista non potrà inviare più di cinque opere da sottoporre al giudizio della giuria. Agli inscritti al Sindacato spetterà di avere almeno un’opera esposta.
Art. 7
Le decisioni della giuria sono inappellabili.
Art. 8
Entro il 20 Novembre gli Artisti che intendono partecipare alla Mostra dovranno inviare regolare notifica alla Sezione Provinciale di Pisa. La firma apposta alla scheda di notifica significa adesione esplicita al Regolamento. Le opere dovranno giungere non più tardi del 1° dicembre 1936. Anno XV.
Art. 9
Gli artisti inscritti al Sindacato dovranno versare, all’atto della notifica, una quota di inscrizione di L. 10.- e i non iscritti al Sindacato una quota di L. 40.
Art. 10
Al collocamento delle opere provvederà, con decisioni inappellabili, la Commissione di cui sopra.
Art. 11
La Commissione avrà la più diligente cura delle opere esposte, ma non assume alcuna responsabilità per eventuali danni, incendi, furti, smarrimenti od altro, che avvenissero nei viaggi di andata e ritorno o durante il tempo in cui le opere rimarranno in consegna alla Sezione stesso.
Art. 12
Tanto gli iscritti alla Sezione di Pisa e gli iscritti agli altri Sindacali Interprovinciali, regolarmente tesserati, avranno libero ingresso alla Mostra, dietro esibizione della tessera sindacale.
Art. 13
Sul prezzo di vendita delle opere degli Artisti iscritti al Sindacato, anche se la vendita sia fatta direttamente dall’artista o di chi per lui, il Sindacato preleva un diritto pari al 5%, per le altre opere il diritto sarà del 15%.
Nel caso di una vendita stipulata contemporaneamente dall’Ufficio vendite e dall’artista ha la preferenza quella stipulata dall’Ufficio vendite. L’espositore non potrà dichiarare invendibile un’opera notificata come vendibile, se non versando, sul prezzo notificato, il 5% o il 15%, secondo le norme di cui sopra.
Art. 14
All’atto dell’acquisto l’acquirente dovrà versare un deposito pari alla metà del prezzo di vendita. Tale deposito avrà valore di caparra e verrà incamerato tutte le volte che l’acquirente, entro due mesi dalla chiusura della Mostra, non avrà provveduto al ritiro dell’opera versando la rimanente metà.
Art. 15
Il presente Regolamento è valido anche per il periodo di una eventuale proroga della Mostra.
Art. 16
Tutte le comunicazioni relative alla Mostra debbono essere indirizzate alla Sezione Provinciale Fascista del Sindacato Belle Arti di Pisa, Palazzo «alla Giornata» - Lungarno Regio n. 8.
Pisa, 10 Novembre 1936-XV
Il Fiduciario Provinciale
Ferruccio Pizzanelli